lunedì 21 settembre 2020

"L'inconsapevole" (1883) (da "Intermezzo di rime")

 Come da la putredine le vite

nuove crescono in denso brulicame (1)
e strane piante balzano nutrite
da li umori corrotti d'un carname: (2)

sgorgano i grandi fior' quali ferite
fresche di sangue (3) con un giallo stame
e crisalidi (4) enormi seppellite
stanno tra le pelurie de'l fogliame (5):

così dentro il mio cuore una maligna
flora di versi gonfiasi (6); le foglie
vanno esalando un triste odore umano. (7)

Attratta da'l fulgor de la sanguigna
tinta la inconsapevole (8) ne coglie;
e il tossico (9) le morde acre la mano.


1) Come un fitto brulicame di vermi o insetti cresce da un corpo in putrefazione.
2) E piante mostruose crescono rapide, alimentate dai liquidi corrotti di un carname putrefatto. (nel testo del 1894: "Truci piante" e "Liquidi fermenti")
3) Spuntano grandi fiori rosso vivo, che sembrano ferite colanti ancora sangue fresco.
4) Lo stadio tra il bruco e la farfalla.
5) Le foglie di questa pianta descritta dal Poeta sono coperte di una fitta peluria. (nel testo del 1894: "Ne le rughe del carneo fogliame")
6) I versi ispirati dalla corruzione della sua vita proliferano rigogliosi come quella vegetazione malata che si alimenta della putredine.
7) è l'odore della decomposizione.
8) "La inconsapevole" è la fanciulla innocente, che legge versi di poesia, attratta dalla loro bellezza, senza sapere che le saranno velenosi, o ancora, una fanciulla che si avvicina a una pianta velenosa, ma di grande bellezza. Questa tematica si trova  anche nel "Digitale Purpurea" di Pascoli.
9) Veleno.


"Hortus Conclus" (Giardino chiuso)

 Giardini chiusi, appena intraveduti,

o contemplati a lungo pe' cancelli
che mai nessuna mano al viandante
smarrito aprì come in un sogno! Muti
giardini, cimiteri senza avelli, (1)
ove erra forse qualche spirto amante (2)
dietro l'ombre de' suoi beni perduti!

Splendon ne la memoria i paradisi
inaccessi (3) a cui l'anima inquieta
aspirò con un'ansia che fu viva
oltre l'ora, oltre l'ira fuggitiva,
oltre la luce de la sera estiva
dove i fiori effondean qualche segreta
virtù (4) da' lor feminei sorrisi (5),

e i bei penduli pomi tra la fronda
puri come la carne verginale
parean serbare ne la polpa bionda
sapori non terrestri a non mortale
bocca, e più bianche nel silenzio intente
le statue guardavan la profonda
pace e sognavano indicibilmente.

Quel mistero dal gesto d'una grande
statua solitaria in un giardino
silenzioso al vespero si spande!
Su i culmini (6) dei rigidi cipressi,
a cui le rose cingono ghirlande (7)
inargentasi (8) il cielo vespertino;
i fonti occulti (9) parlan sommessi; 

Biancheggiano ne l'ombra i curvi cori
di marmo, (10) ora deserti, ove s'aduna
il concilio degli ultimi poeti;
tenue su la messe alta dei fiori (11)
passa la falce de la nova Luna;
ne l'ombra i fonti parlan segreti; (12)
rare sgorgan (13) le stelle, ad una ad una;

un cigno con remeggio lento (14) fende
il lago pura immagine del cielo (15)
(desìo d'amori umani ancor l'accende? (16)
memoria è in lui del nuzial suo lito? (17)
e fluttua nel lene solco il velo (18)
de l'antica Tindaride (19), risplende
su l'acque il lume de l'antico mito.

Di sovrumani amori visioni
sorgono su da' vasti orti (20) recinti
che mai una divina a lo straniero
aprirà coronata di giacinti
per lui condurre in alti labirinti
di fiori verso il triplice mistero (21)
cantando inaudite sue canzoni.

Ma quegli (22),  folle (23) del profumo effuso
dal cor degli invisibili rosai,
chino a la soglia (24) come quando adora,
pieni d'un sogno non sognato mai.
Gli occhi mortali, giù per l'ombre esplora
nel profondo crepuscolo in confuso
il dominio silente (25) ch'egli ignora.

Così la prima volta io vi guardai
con questi occhi mortali, Voi, Signora, (26)
siete per me come un giardino chiuso.

1) Senza tombe.
2) Il fantasma di qualche innamorato.
3) Dove nessuno è mai entrato.
4) Misteriosa fragranza.
5) Dalle loro corolle simili a labbra di donne sorridenti.
6) Cime.
7) Che il tramonto sembra inghirlandare con i suoi rosei colori.
8) Si sbianca. 
9) Nascosti nel folto delle piante.
10) I sedili di marmo disposti in circolo.
11) Le stelle, che sono i fiori del firmamento.
12) Si confidano i loro segreti.
13) Le stelle sono le lacrime del cielo e quindi sgorgano; il riferimento è anche pascoliano ("X Agosto").
14) Muovendo lentamente le zampe.
15) Giove si trasformò in cigno.
16) Il cigno è ancora attratto da amori terrestri, come il cigno in cui si trasformò Giove per unirsi con Leda?
17) Delle sponde dell'Eurota, dove si consumarono le nozze tra il cigno e Leda.
18) La tenue striscia lasciata dal remeggio del cigno sull'acqua sembra un velo di donna fluttuante.
19) Elena, nata dall'amore del cigno e di Leda, qui chiamata Tindaride dal nome Tindaro, il legittimo sposo di Leda.
20) Giardini.
21) I tre gradi successivi dell'iniziazione misterica, necessari a introdurre lo straniero nell'inaccessibile "giardino" e nei suoi misteri.
22) Lo straniero.
23) Inebriato.
24) Sulla soglia che non può valicare.
25) Il regno silenzioso.
26) Maria Gravina.


"Vas spirituale" (Dimora dello Spirito Santo), 1886

 Siede una donna bianca (1) e taciturna

tenendo l'arpa da le molte chiavi (2)
su'l solio (3) ne la sacra ora notturna.

Angeli immensi reggon li architravi;
e fra simboli oscuri, (4) in su gli incisi
cuoi, regine con mitra (5) èsili (6) e gravi (7)
stanno cogliendo rossi fiordalisi.

Raggian (8) come pianeti i bronzei dischi (9)
su le porte di cedro (10) ; e ne li adorni
velari (11) i liofanti (12) e i liocorni (13)
mesconsi (14) a le giraffe e ai basilischi. (15)

Ella, rigida e pura entro la stola, (16)
pensa una verità teologale.
Chiari i segni de'l ciel zodiacale
a lei giran la chioma di viola. (17)

Li smeraldi e le piume de li uccelli (18)
brillano su'l suo largo vestimento
onde (19) le mani cariche di anelli (20)
si riposano lungo l'istrumento. (21)

E a piè (22) de'l solio (23) il vescovo latino
move in ritmo un turibolo (24) d'argento
ov'arde con la miraa il belzuino. (25)


1) Pallida.
2) Gli arnesi con cui si accorda l'arpa.
3) Sul trono.
4) Misteriosi.
5) Regine adorne di mitra. La mitra è il copricapo dei vescovi.
6) Fragili d'aspetto.
7) Dal portamento severo.
8) Brillano.
9) Piatti ornamentali di bronzo.
10) Legno duro e resistente, ricavata dal cedro del Libano.
11) Sui tendaggi ricamati.
12) Elefanti.
13) Unicorni.
14) Si mescolano.
15) Serpenti che uccidevano con lo sguardo.
16) La lunga veste matronale che arriva fino ai piedi; rende la donna una misteriosa sacerdotessa.
17) Un diadema con i segni dello Zodiaco le gira intorno ai capelli neri dai riflessi violacei. Il diadema è un riferimento a Flaubert e al suo "La tentazione di Sant'Antonio".
18) Un rimando a Flaubert.
19) Uscendo dal quale.
20) Un rimando a Flaubert.
21) Lo strumento.
22) Citazione di Lorrain.
23) Nella prima stampa, si trova "de'l letto".
24) Incensiere.
25) Incenso.



"I Pastori" (1903)

 Settembre, andiamo. è tempo di migrare.

Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi (1) e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio (2)
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente (3) ai fonti
alpestri, che (4), sapor d'acqua natia
rimanga ne' cuori esuli (5) a conforto,
che lungo (6) illuda la lor sete in via. (7)
Rinnovato hanno verga d'avellano. (8)

E vanno pel tratturo (9) antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente, (10)
su le vestigia (11) degli antichi padri.
O voce di colui che primamente (12)
conosce il tremolar della marina! (13)

Ora lungh'esso (14) il litoral cammina
la greggia (15). Senza mutamento (16) è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva (17) lana
che quasi dalla sabbia non divaria (18).
Isciacquio, calpestìo, dolci romori.

Ah perché non son io co' miei pastori?


1) I recinti all'aperto sui monti, dove i pastori radunano il gregge per la notte.
2) "Selvaggio" perché l'Adriatico è un mare che diventa spesso tempestoso; inoltre "selvaggio" è un epiteto consueto in d'Annunzio e in Carducci perchè le spiagge dell'Adriatico appaiono inospitali o solitarie.
3) Con lunga voluttà.
4) Affinché
5) Perché i pastori lasciano l'Abruzzo per andare in Puglia.
6) "A lungo"
7) "Non faccia sentir loro la sete, né quella materiale, né quella del cuore in esilio".
8) Il bastone di nocciolo con cui i pastori guidano il gregge.
9) I tratturi sono vie larghe e verdeggianti, che discendono le alture conducendo ai piani le migrazioni delle greggi. Il tratturo è definito "antico" perché esiste fin dai tempi delle più remote migrazioni.
10) "Erbal" è un aggettivo che compare anche in altre Poesie di d'Annunzio. Qui sta a significare: "lungo un silenzioso fiume di erbe".
11) Orme.
12) Per primo.
13) Scorge il mare. è una reminiscenza di Dante: "di lontano/conobbe il tremolar de la marina".
14) Lungo.
15) è citato anche nel "Il fuoco".
16) Calma e dolce, senza niente che la turbi. è una reminiscenza di Dante: "Un'aura dolce, senza mutamento". L'espressione ricorre anche in altre Poesie di d'Annunzio.
17) Perchè non è ancora stata tosata e riveste animali vivi.
18) Non differisce.



martedì 8 settembre 2020

Solus ad solam (1939)

 Primo epistolario pubblicato dopo la morte di D'Annunzio, raccoglie le lettere scritte dal poeta con la contessa Giuseppina Mancini, conosciuta nel 190, e amata nel 1907-1908; la donna era sposata, continuamente combattuta tra il desiderio d'amore, il senso di colpa, la malattia nervosa che la attanagliava. Le lettere furono utilizzate da D'Annunzio anche per il romanzo Forse che sì, forse che no (1910), nel volume sono raccolte in modo da rielaborare una "cronaca della disperazione", con parti che riguardano anche le diagnosi mediche per la nevrosi della contessa Giuseppina.

I volumi sono 4, contengono le corrispondenze dall'8 settembre al 5 ottobre 1908, in origine D'Annunzio voleva pubblicare il volume, scrivendo all'editore Treves. Nel 1913 D'Annunzio mostrò l'opera a Luigi Albertini direttore del "Corriere della Sera", ma non fu pubblicato perché mancava delle correzioni; nel 1915 il poeta lo dette a un tal Giusini, sicché l'autografo sparì, e riapparve nel 1939, un anno dopo la morte del Vate.



Teneo te, Africa - La favola del sordomuto (1936)

 L'ultima prosa vera di D'Annunzio, dopo il Libro segreto, raccoglie gli scritti del poeta durante la spedizione italiana in Etiopia, cominciato dal messaggio in francese "Ai buoni Cavalieri di Francia e d'Italia", proseguito poi nel 1932 con la "Confessione dell'ingrato" (edizione 1932) e del "Sudore di sangue" in rinfaccio all'ingiustizia della "sorella latina" (la Francia) verso l'Italia. Nel libro appare l'Ode per la Resurrezione latina del 1914, compresa nel volume "Merope - Canti della guerra latina"; la prosa oratoria dannunziana si rinnova di ebbrezza lirica, si affaccia il rammarico del poeta di non poter combattere per la turpe vecchiaia.

L'altra operetta scritta in francese falso antico: Le dit su sord et muet qui fuit miraculé en l'an de grâce 1266, fu redatta dopo l'orazione "Ai buoni Cavalieri latini di Francia e d'Italia", raccolta nel volume Teno te Africa. L'opera sembra essere un plateale vanto del poeta di aver studiato filologia romanza negli anni universitari a Roma, la finzione erudita di esser egli stati in Francia con Brunetto Latini, e di sordomuto, di aver acquistato la favella francese, vedendo piangere il re Luigi nella Cappella Sacra. Da questo presupposto, parte la serie di avventure di questo giovane sordomuto miracolato con il riacquisto delle sue facoltà, nell'anno del Signore 1266, diviene guerriero di Guglielmo d'Orange, poi cavaliere errante e d'amore; pare che D'Annunzio volle riprendere in parte uno stile falsamente antico, come nella Vita di Cola Di Rienzo.



episolari e orazioni

 Orazione per la Sagra dei Mille, in "Corriere della Sera", 6 maggio 1915. (ma 5 maggio 1915): sopra lo scoglio di Quarto dei Mille a Genova, D'Annunzio pronunciò l'orazione per la celebrazione del Monumento a Garibaldi e alla spedizione dei Mille, in occasione della celebrazione di 50 anni della spedizione.Carta del Carnaro. Disegno di un nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiume, 8 settembre 1920. La carta ribadiva l'italianità di Fiume, e prevedeva la nascita di uno Stato rivoluzionario e corporativo, racchiudeva la visione politica e poetica del Vate e fu elaborata concettualmente anche dal sindacalista Alceste De Ambris, la Carta doveva instaurare un nuovo ordine fondato sul lavoro, la tutela dei diritti individuali, la giustizia sociale, la prosperità e l'idea di bellezza tipici della sua poetica.La Reggenza italiana del Carnaro ribadiva geograficamente le tesi nazionalistiche, riferendosi non solo al territorio di Fiume, e alle isole di antica tradizione veneta, ma anche (art. II) "a tutte quelle comunità affini che per atto sincero di adesione possano esservi accolte secondo lo spirito di un'apposita legge prudenziale". Lo Statuto dedicava gran parte dei suoi articoli all'idea di Stato, e all'organizzazione politica ed economica (art. XVIII), i cittadini della Reggenza otteneva tutti i diritti civili e politici al compimento del 20simo anno d'età, divenendo senza distinzione di sesso elettori ed eleggibili in tutte le cariche (art. XVI), il potere legislativo spettava a tre camere con competenze diverse, il Consiglio degli Ottimi, non meno di 30 membri in carica per 3 anni, che si radunavano a ottobre di ogni anno, il Consiglio dei Provvisori, 60 membri in carica per 2 anni, eletti dalle corporazioni, che si radunavano 2 volte l'anno, e infine il Consiglio Nazionale detto "Arengo del Canraro".