lunedì 21 settembre 2020

L’ideologia e la poetica di Gabriele D’Annunzio

 

Nazionalismo. Dal punto di vista ideologico D’annunzio propende sicuramente verso posizioni nazionalistiche;  ha preso chiaramente posizione a favore:

1)      dell’aggressiva politica di Crispi, sia sul piano interno (repressione dura di tutte le proteste), sia su quello esterno (impresa di Adua, Eritrea, fallita miseramente);
2)      dell’interventismo durante la I° guerra mondiale, e in seguito a favore di quella buffonata su Fiume;
3)      della guerra in Etiopia condotta, e vinta, da Mussolini nel 1935.
 - Esibizionismo. Ma non bisogna pensare che la sua adesione a idee nazionalistiche di destra sia di natura solamente politica/ideologica
 - a D’Annunzio la politica in sé interessa poco: quello che gli importa è la possibilità di adottare un determinato stile di comunicazione, fondato:
 - sull’esibizionismo;  
 - sul culto narcisistico del leader;
 - sulla possibilità di guidare le masse, influenzandone il giudizio da un punto di vista emotivo, più che razionale.
 - Populismo. C’è molto della moderna comunicazione politica: che punta alla cosiddetta «pancia», e fa leva su argomenti «populisti» pur di raccogliere un facile consenso a tutti i costi.
 - Atteggiamento filo-borghese. D’altra parte c’è anche un disprezzo per le masse popolari, che vanno appunto dominate, sia con l’uso «mediatico» della parola, sia con politiche economiche a favore delle classi superiori: l’alta borghesia. Da qui l’adesione alla politica imperialista, che era espressione dell’alta borghesia tardo-ottocentesca;
 - il disprezzo per le masse, porta quindi al disprezzo per la stessa democrazia e per le classi operaie.

Estetismo. Questo si collega alla sua concezione dell’arte, la quale a sua volta si identifica totalmente con la  bellezza;  ma nel caso di D’Annunzio, questa concezione ha caratteri ambivalenti:
1)      da un lato abbiamo visto che D’Annunzio si pone come ultimo Vate, erede di una tradizione umanistica, e terzo nella trafila dei moderni dopo Carducci e Pascoli;
- con tutte quelle connotazioni dell’intellettuale umanista, solitario, separato dalla società, dedito agli studi delle belle lettere;
2)      dall’altro lato si pone come un moderno esteta, fa di sé un mito di massa, cavalca le mode;  crea egli stesso delle mode.

Contraddizioni. Questo aspetto della personalità artistica di D’Annunzio ha un carattere anche paradossale e contraddittorio. La contraddizione sta nel fatto che:
a)      da un lato si pone come mito di massa, celebrato in quanto tale;
b)      dall’altro  come un genio superiore, al di sopra delle masse, con un atteggiamento aristocratica superiorità, e che disprezza la società dei consumi e la mercificazione dell’arte.

Come si risolve questa contraddizione? L’unico modo è far coincidere arte e vita, privato e pubblico. Facendo della propria vita uno spettacolo, e di se stesso oggetto di mercificazione.
 - esempio: dopo la pubblicazione della prima raccolta poetica (Primo Vere, 1879), D’Annunzio diffonde la notizia della propria morte, e raccoglie una serie di necrologi che lo esaltano come grande poeta;
 - L’arte e la vita coincidono: l’una è in funzione dell’altra.

La parola poetica. In questo processo di identificazione arte e vita, svolge ovviamente un ruolo fondamentale la parola, dato che D’Annunzio è un artista della parola:
 - per D’Annunzio viene a saltare lo scarto tra linguaggio quotidiano, e la lingua della poesia: la lingua parlata dal poeta, tutti i giorni, è lingua poetica, artefatta;
- la parola che è al di fuori di questo tipo di formalizzazione artistica è inutile;

La concezione della natura. Non solo non c’è mediazione, non c’è scarto tra la parola ordinaria e quella poetica, ma non c’è nemmeno scarto tra l’io del poeta e mondo esterno;
 - c’è una totale identificazione sia tra l’io e le cose, sia tra le cose stesse tra di loro: ogni cosa è anche un’altra, e rimanda all’altra;
- per questo la parola del poeta è in grado di ricreare la realtà, nel momento in cui viene pronunciata
 - per esprimere questa fusione tra l’io lirico e la realtà, e tra i vari elementi della realtà è ovviamente la sinestesia, usata in abbondanza da D’Annunzio.

Rapporto uomo natura. In questo modo, tramite la poesia, di fatto D’Annunzio ristabilisce un rapporto tra uomo e natura. Cioè ristabilisce quel rapporto che la nuova società industriale aveva spezzato;
 - è un modo per superare il divario tra civiltà moderna e natura, tra cultura e istino.

Il superomismo

Il mito del Superuomo. Altro aspetto dell’ideologia dannunziana è il superomismo, il mito del Superuomo:
 - l’idea del Superuomo nasce in D’Annunzio dopo la lettura, verso la fine dell’Ottocento, di Nietzsche: si tratta però di una lettura superficiale, dalla quale D’Annunzio trae alcune suggestioni, che lo postano a corroborare idee che aveva già in partenza, ad esempio:
a)      l’esaltazione della volontà di potenza;
b)      l’aspetto vitalistico;
c)       l’istinto alla lotta e al dominio sulle masse;
d)      l’elevazione del singolo uomo privilegiato al di sopra delle masse stesse;

L’arte. Dopo l’incontro con Nietzsche, l’arte per D’Annunzio diventa uno strumento di questo dominio ideologico sulle masse:
 - la parola del poeta-Vate deve servire a distruggere la meschinità e l’ipocrisia della democrazia borghese, allo scopo di difendere la bellezza: cosa che la massa non può capire né apprezzare;
 - a livello storico-politico questo pensiero si inserisce nelle complicate vicende storiche di fine secolo: dopo il fallimento delle imprese coloniali dell’epoca di Crispi, l’alta borghesia imperialista aveva bisogno di un’ideologia forte, basata sull’ordine sociale e sull’aggressività bellica (come esigenza di riscatto);
 - il Superuomo, nella cui persona si identificano arte e vita, sa imporsi sulle masse, sa manipolarle, sa creare miti e modelli di vita: l’uomo forte, inimitabile, invincibile (pensiamo a Mussolini, e ai miti che è riuscito a creare intorno alla sua persona);

La Donna. Il Superuomo dannunziano subordina tutto al progetto della propria affermazione, in primo luogo la donna, considerata come un oggetto di possesso da domare, da sottomettere alla propria volontà:
- tra mite la lussuria la donna  è in grado di avvincere e subordinare l’uomo a sé, e per questo è una forza che l’uomo deve domare e vincere, per imporre il proprio dominio sulla donna; 
 - questo porta anche ad atteggiamenti aggressivi nei confronti della donna;

Aspetto velleitario. Naturalmente in tutto ciò c’è un aspetto velleitario:
 - c’è una enorme sproporzione tra la grandiosità degli obiettivi che il Superuomo si pone, e l’effettiva possibilità di realizzarli, sicché la sicurezza dei personaggi dannunziani è sempre minata dall’ombra della sconfitta e del fallimento;
 - in tutti i romanzi e le opere d’Annunziane domina sempre un senso di annullamento totale e di morte, causato proprio da questo senso di onnipotenza dell’io, che naturalmente non può realizzarsi pienamente;
 - da qui anche gli aspetti più torbidi e morbosi dei suoi romanzi, ad esempio:
a)      L’InnocenteQui si narra la vicenda che coinvolge Giuliana e suo marito Tullio: lei resta incinta a seguito di una relazione adulterina, e partorisce un figlio;
- Tullio la perdona e vorrebbe ripristinare il rapporto con lei, sbarazzandosi del bambino, che fa in modo di lasciare all’aria aperta durante una novena di Natale;
- dopo questo episodio l’innocente si ammala e muore; ma Tullio non riuscirà a recuperare la serenità;
b)      Vergini delle rocceQui invece si narra la storia di Claudio Cantelmo, un giovane esponente di un’antica famiglia nobile di origine provenzale;
- Claudio Cantelmo si mette in testa un progetto eroico e velleitario: eliminare gli effetti della rivoluzione francese del 1989, e riportare al potere l’oligarchia nobiliare;
 - a questo scopo vuole generare, in unione ad un’altra nobile famiglia (I Capece-Montaga) del regno delle due Sicilie, un figlio, che sarà poi messo a capo del nuovo Regno;
 - nella famiglia dei Capece-Montaga ci sono tre sorelle, vergini, e decide che una di loro sarà la madre di questo eroe eccezionale;
 - Claudio sceglie la più bella delle tre, ma questa rifiuta poiché non vuole deturpare il suo corpo con una gravidanza;
  - anche l’altra sorella rifiuta perché costretta ad assistere la madre folle, e lo esorta a provare con la terza;
 - Claudio deluso rinuncia al progetto.


Alcyone

Le Laudi. È il terzo libro delle Laudiun progetto poetico che doveva includere, secondo le intenzioni del poeta, sette libri. Di questi ne vendono completati solo quattro: MaiaElettraAlcyone, e Merope. Alcyone è dunque il terzo della serie; 
 - i primi tre sono stati pubblicati tra il 1899 e il 1904, il quarto molti anni dopo, nel 1912.


Struttura. Il libro è diviso in cinque parti

Dai "Taccuini"

Talvolta il teschio traspare. Teste toccate dalla Morte, segnate dall'Operaia terribile  Il cielo è d'una purità sublime, incurvato su i monti che le prime nevi imbiancano.

Un tepore lento si forma dalla preghiera, sopra le baionette nude e verticali, Il fogliame moribondo dei pioppi tremola di continuo, oro nell'oro. Il Carso è laggiù, avido di sangue, desideroso di avere tra i suoi fiumi occulti il fiume rosso fumante. Si sente che la rossa e calda corrente si forma sotto il sasso, per poi sboccare come una piena di gloria nel promesso Avvenire... Odo il canto della terra; odo la pulsazione dei cuori di carne e di sangue; odo il silenzio di sotterra e il silenzio che sta di là dell'azzurro.


Dal "Notturno"

 


Ho messo la bocca nella pienezza della morte. Il mio dolore s'è saziato nella bara come in una mangiatoia. Non ho poi potuto sopportare altro nutrimento. Rivivo i giorni funebri, ora per ora, attimo per attimo I giorni d'angoscia, le notti di veglia ritornano. Il passato è presente, con tutti i suoi aspetti, con tutte le sue vicende.

Risoffro il mio dolore, ripiango il mio pianto Tutto l'orrore funebre con tutti i suoi aspetti si rispecchia nella mia lucidità implacabile.
E talvolta vedo me stesso com'egli avrebbe potuto vedermi dalla sua bara. Sono talvolta il cadavere e colui che lo contempla.
 O liberazione, liberazione, a te consacro queste mie bende intrise di sangue impoverito e di lacrime fredde, a te consacro questa mia pupilla che più non vede né veder vuole se non la cupa che in me suscito aurora.

"Il Novilunio"

 Novilunio di settembre!

Nell'aria lontana
il viso della creatura
celeste che ha nome
Luna, trasparente come
la medusa marina,
come la brina nell'alba,
labile come
la neve su l'acqua,
la schiuma su la sabbia,
pallido come
il piacere
su l'origliere,
pallido s'inclina
e smuore e langue
con una collana
sotto il mento sì chiara
che l'oscura;
silenzioso viso esangue
della creatura
celeste che ha nome Luna,
cui sotto il mento s'incurva
una collana
sì chiara che l'offusca,
nell'aria lontana
ov'ebbe nome Diana
tra le ninfe eterne,
ov'ebbe nome Selene
dalle bianche braccia
quando amava quel pastore
giovinetto Endimione
che tra le bianche braccia
dormiva sempre.
Ma dice Ermione,
non lieta non triste:
"T'inganni. Quella ch'è sì chiara
è la falce
dell'Estate, è la falce
che l'Estate abbandona
morendo, è la falce
che falciò le ariste
e il papavero e il cìano
quando fiorìano
per la mia corona
vincendo in lume il cielo e il sangue;
ed è la faccia dell'Estate
quella che langue
nell'aria lontana, che muore
nella sua chiaritate
sopra le acque
tra il giorno senza fiamme
e la notte senza ombre "

Da "La sera fiesolana"

 Io ti dirò verso quali reami

d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a l'ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s'incurvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l'anima le possa amare
d'amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

Dal "Poema Paradisiaco"

 Non pianger più. Torna il diletto figlio

a la tua casa. è stanco di mentire.
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.

Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancora per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.

Ancora qualche rosa è ne' rosai,
ancora qualche timida erba odora.
Ne l'abbandono il caro luogo ancora
sorriderà, se tu sorriderai.

Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l'oblio afflisse.
Che proveresti tu se ti fiorisse
la terra sotto i piedi, all'improvviso?


Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?)
ha ne l'odore suo, nel suo pallore,
non so, quasi l'odore ed il pallore
di qualche primavera dissepolta.


"L'inconsapevole" (1883) (da "Intermezzo di rime")

 Come da la putredine le vite

nuove crescono in denso brulicame (1)
e strane piante balzano nutrite
da li umori corrotti d'un carname: (2)

sgorgano i grandi fior' quali ferite
fresche di sangue (3) con un giallo stame
e crisalidi (4) enormi seppellite
stanno tra le pelurie de'l fogliame (5):

così dentro il mio cuore una maligna
flora di versi gonfiasi (6); le foglie
vanno esalando un triste odore umano. (7)

Attratta da'l fulgor de la sanguigna
tinta la inconsapevole (8) ne coglie;
e il tossico (9) le morde acre la mano.


1) Come un fitto brulicame di vermi o insetti cresce da un corpo in putrefazione.
2) E piante mostruose crescono rapide, alimentate dai liquidi corrotti di un carname putrefatto. (nel testo del 1894: "Truci piante" e "Liquidi fermenti")
3) Spuntano grandi fiori rosso vivo, che sembrano ferite colanti ancora sangue fresco.
4) Lo stadio tra il bruco e la farfalla.
5) Le foglie di questa pianta descritta dal Poeta sono coperte di una fitta peluria. (nel testo del 1894: "Ne le rughe del carneo fogliame")
6) I versi ispirati dalla corruzione della sua vita proliferano rigogliosi come quella vegetazione malata che si alimenta della putredine.
7) è l'odore della decomposizione.
8) "La inconsapevole" è la fanciulla innocente, che legge versi di poesia, attratta dalla loro bellezza, senza sapere che le saranno velenosi, o ancora, una fanciulla che si avvicina a una pianta velenosa, ma di grande bellezza. Questa tematica si trova  anche nel "Digitale Purpurea" di Pascoli.
9) Veleno.