lunedì 21 settembre 2020
L’ideologia e la poetica di Gabriele D’Annunzio
Dai "Taccuini"
Talvolta il teschio traspare. Teste toccate dalla Morte, segnate dall'Operaia terribile Il cielo è d'una purità sublime, incurvato su i monti che le prime nevi imbiancano.
Un tepore lento si forma dalla preghiera, sopra le baionette nude e verticali, Il fogliame moribondo dei pioppi tremola di continuo, oro nell'oro. Il Carso è laggiù, avido di sangue, desideroso di avere tra i suoi fiumi occulti il fiume rosso fumante. Si sente che la rossa e calda corrente si forma sotto il sasso, per poi sboccare come una piena di gloria nel promesso Avvenire... Odo il canto della terra; odo la pulsazione dei cuori di carne e di sangue; odo il silenzio di sotterra e il silenzio che sta di là dell'azzurro.
Dal "Notturno"
Ho messo la bocca nella pienezza della morte. Il mio dolore s'è saziato nella bara come in una mangiatoia. Non ho poi potuto sopportare altro nutrimento. Rivivo i giorni funebri, ora per ora, attimo per attimo I giorni d'angoscia, le notti di veglia ritornano. Il passato è presente, con tutti i suoi aspetti, con tutte le sue vicende.Risoffro il mio dolore, ripiango il mio pianto Tutto l'orrore funebre con tutti i suoi aspetti si rispecchia nella mia lucidità implacabile.
E talvolta vedo me stesso com'egli avrebbe potuto vedermi dalla sua bara. Sono talvolta il cadavere e colui che lo contempla.
O liberazione, liberazione, a te consacro queste mie bende intrise di sangue impoverito e di lacrime fredde, a te consacro questa mia pupilla che più non vede né veder vuole se non la cupa che in me suscito aurora.
"Il Novilunio"
Novilunio di settembre!
Nell'aria lontanail viso della creatura
celeste che ha nome
Luna, trasparente come
la medusa marina,
come la brina nell'alba,
labile come
la neve su l'acqua,
la schiuma su la sabbia,
pallido come
il piacere
su l'origliere,
pallido s'inclina
e smuore e langue
con una collana
sotto il mento sì chiara
che l'oscura;
silenzioso viso esangue
della creatura
celeste che ha nome Luna,
cui sotto il mento s'incurva
una collana
sì chiara che l'offusca,
nell'aria lontana
ov'ebbe nome Diana
tra le ninfe eterne,
ov'ebbe nome Selene
dalle bianche braccia
quando amava quel pastore
giovinetto Endimione
che tra le bianche braccia
dormiva sempre.
Ma dice Ermione,
non lieta non triste:
"T'inganni. Quella ch'è sì chiara
è la falce
dell'Estate, è la falce
che l'Estate abbandona
morendo, è la falce
che falciò le ariste
e il papavero e il cìano
quando fiorìano
per la mia corona
vincendo in lume il cielo e il sangue;
ed è la faccia dell'Estate
quella che langue
nell'aria lontana, che muore
nella sua chiaritate
sopra le acque
tra il giorno senza fiamme
e la notte senza ombre "
Da "La sera fiesolana"
Io ti dirò verso quali reami
d'amor ci chiami il fiume, le cui fontieterne a l'ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s'incurvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire
e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l'anima le possa amare
d'amor più forte.
Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!
Dal "Poema Paradisiaco"
Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. è stanco di mentire.Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancora per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.
Ancora qualche rosa è ne' rosai,
ancora qualche timida erba odora.
Ne l'abbandono il caro luogo ancora
sorriderà, se tu sorriderai.
Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l'oblio afflisse.
Che proveresti tu se ti fiorisse
la terra sotto i piedi, all'improvviso?
Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?)
ha ne l'odore suo, nel suo pallore,
non so, quasi l'odore ed il pallore
di qualche primavera dissepolta.
"L'inconsapevole" (1883) (da "Intermezzo di rime")
Come da la putredine le vite
nuove crescono in denso brulicame (1)e strane piante balzano nutrite
da li umori corrotti d'un carname: (2)
sgorgano i grandi fior' quali ferite
fresche di sangue (3) con un giallo stame
e crisalidi (4) enormi seppellite
stanno tra le pelurie de'l fogliame (5):
così dentro il mio cuore una maligna
flora di versi gonfiasi (6); le foglie
vanno esalando un triste odore umano. (7)
Attratta da'l fulgor de la sanguigna
tinta la inconsapevole (8) ne coglie;
e il tossico (9) le morde acre la mano.
1) Come un fitto brulicame di vermi o insetti cresce da un corpo in putrefazione.
2) E piante mostruose crescono rapide, alimentate dai liquidi corrotti di un carname putrefatto. (nel testo del 1894: "Truci piante" e "Liquidi fermenti")
3) Spuntano grandi fiori rosso vivo, che sembrano ferite colanti ancora sangue fresco.
4) Lo stadio tra il bruco e la farfalla.
5) Le foglie di questa pianta descritta dal Poeta sono coperte di una fitta peluria. (nel testo del 1894: "Ne le rughe del carneo fogliame")
6) I versi ispirati dalla corruzione della sua vita proliferano rigogliosi come quella vegetazione malata che si alimenta della putredine.
7) è l'odore della decomposizione.
8) "La inconsapevole" è la fanciulla innocente, che legge versi di poesia, attratta dalla loro bellezza, senza sapere che le saranno velenosi, o ancora, una fanciulla che si avvicina a una pianta velenosa, ma di grande bellezza. Questa tematica si trova anche nel "Digitale Purpurea" di Pascoli.
9) Veleno.