1
Ed ancora de l'arte amo i tormenti.
Ma un'angoscia mi punge irrequieta
se non meglio che i versi evanescenti
domato avrei co 'l pollice la creta.
Questi lunghi esercizi pazïenti
sopra fragili pagine di seta
mi sembran vili. Muoiono su i venti
i suoni co' i fantasmi de 'l poeta.
Oh come in vece nitide e sicure
ne la materia imprimonsi le forme
a l'ostinata pugna de 'l lavoro!
E come a 'l vivo de la fiamma pure
balzano poi da 'l minerale informe
quelle divine nudità che adoro!
2
Quando a 'l vinto d'amor lenta si niega
e con perfido invito ella si abbatte,
e l'iride ne 'l bianco le si annega
simile a un fiore gläuco ne 'l latte,
e ne 'l disío la faccia le si piega
in dietro balenando, e le scarlatte
labbra feroci mostrano una sega
di denti acuti a lui che in van combatte,
nulla è piú bello che quel serpentino
allungarsi e restare irrigidita
con un supremo riso entro ne li occhi,
se l'uom, livido in faccia, a capo chino,
ebbro d'ira, tenendola a la vita,
su 'l collo i baci aridi a 'l fin le scocchi.
3
Quando prona, co 'l ventre ne l'arena,
nuda si lascia a 'l conquistare lento
de le maree, non dunque a luna piena
ella è una grande statüa di argento?
Venere Callipige in una oscena
posa. Scolpiti ne 'l tondeggiamento
de' lombi stan due solchi; ampia la schiena
piegasi ad un profondo incavamento.
Cresce il flutto e la bagna. Ella si scuote
a 'l senso di quel gelido contatto
e di piacer le vibrano le terga.
Il flutto su la faccia la percuote;
ma rimane godendo ella in quell'atto
fin che l'alta marea non la sommerga.
4
Quando risorta da quel bagno, tutta
grondante, chiusa ne le chiome scure,
fremendo preme ne l'arena asciutta
ella i contorni de le membra pure;
e strette ne la man tiene le frutta
de 'l seno, urgendo le due punte dure;
e si striscia, e l'arena aspra le brutta
stranamente la pelle di figure;
e cosí maculata ella a 'l lunare
abbraccio si distende su lo strame
de l'alghe, e resta immota, resupina;
non dunque su 'l nerastro fondo appare
ella una grande statüa di rame
corrosa da l'acredine marina?