La raccolta Terra vergine, assieme al Libro delle vergini (1884) e San Pantaleone (1886) risulta essere uno dei primi esperimenti letterari in prosa di d'Annunzio, che si ispira alla raccolta siciliana Vita dei campi di Giovanni Verga. Tutte e tre queste raccolta verranno rimaneggiate dal d'Annunzio nel 1902 per la versione definitiva del volume Le novelle della Pescara. In realtà tuttavia, di questo primo volumetto, nessuna novella verrà rielaborata da D'Annunzio per il prodotto finale delle "Novelle della Pescara".
Si tratta di piccoli e brevi bozzetti intrisi di artificiosità descrittiva che risente molto della lezione parnassiana e carducciana, mentre il tema trattato è quello bestiale e selvaggio della natura abruzzese, e delle vicende che riguardano i personaggi del substrato della piccola Pescara.Il verismo dannunziano è molto sentito nella sua terra natale abruzzese, ancora legata prevalentemente alla transumanza, all'agricoltura e alle superstizioni. Terra vergine è il primo esempio: le storie riguardano amori fugaci campagnoli, tragedie di poveri nullatenenti (spesso ragazzi) che periscono per cause naturali durante inverni gelidi o per incidenti sul lavoro. Compaiono anche episodi raccapriccianti di sordomuti e malati mentali che per la loro natura, sono ritenuti dalla comunità "posseduti" dal demonio, e quindi ostracizzati, o peggio uccisi come "eretici". Sostanzialmente in quest'opera, le cui novelle dapprima furono pubblicate separatamente nei quotidiani gestiti da D'Annunzio a Roma, e poi riuniti in volumetto, sono molto lontane da quella patina di verismo che D'Annunzio seppe conferire alle novelle realizzate più tardi nel San Pantaleone (1886) e poi nel volume finale del 1902.