mercoledì 24 giugno 2020

la "polvere della follia"

Testimonianze sull'uso della droga per ricercare le stimolazioni sessuali, iniziato negli anni dell'impresa di Fiume, sono state rintracciate nell'archivio privato del Vate al Vittoriale, la sua maestosa residenza sul lago di Garda, dal ricercatore Attilio Mazza che sta preparando un saggio sui ''paradisi artificiali'' nella letteratura dannunziana.La sperimentazione degli stupefacenti divenne consuetudine al Vittoriale, dove l'impiego della cocaina, ''la polvere folle'', fu quasi sempre associata all'atto sessuale. Lo conferma, ad esempio, un appunto autografo risalente agli anni 1930-32, dove lo scrittore e poeta definisce l'orgia come ''possibile follia, gioco di tensioni estreme, potere inaudito di percepire le distinzioni fra le cose. ''Vado subito a cercare, nel risveglio, il 'piatto freddo' nel corridoio buio. Mangio avidamente -non come un principe ma come un minatore- prendo le fette con le belle dita. O sapori della giovinezza!''. il poeta a diciotto anni già si inebriava di oppio, come confessa a Lalla, il suo primo amore (ma fu ben presto scoperto e per un bel pezzo ci dovette rinunciare), o che, attratto dal "doppio", conquistò madre e figlia (duchessa e duchessina Hardouin di Gallese), o ancora che fu tra i primi in Europa a ballare il tango (a Parigi);
Rispetto alla media degli scrittori italiani Gabriele D’Annunzio è un gigante: le sue poesie sono tra le migliori scritte in otto secoli di letteratura in lingua italiana; ma se si legge oggi un suo romanzo con lo spirito critico che ci siamo formati in 60 anni di repubblica, democrazia e progresso economico e sociale, Gabriele D’Annunzio appare come una pietra preziosa estratta dalla roccia, ma ancora grezza, seminascosta da incrostazioni.