lunedì 3 maggio 2021

D’Annunzio e la Massoneria

 Il 3 marzo 1901 inaugurò invece con Ettore Ferrari, Gran Maestro della massoneria del Grande Oriente d’Italia, l’Università Popolare di Milano, nella sede di via Ugo Foscolo, dove pronunciò il discorso inaugurale e dove, successivamente, svolse un’attività straordinaria di docenze e lezioni culturali. L’amicizia con Ferrari aveva avvicinato il Vate alla “libera muratoria”: D’Annunzio era infatti massone e 33º grado della Gran Loggia d’Italia degli Alam detta “di Piazza del Gesù”, fuoriuscita nel 1908 dal GOI. Più tardi fu iniziato al martinismo. Molti dei volontari fiumani erano esoteristi o massoni e tra di essi figuravano in particolare Alceste de Ambris, Sante Ceccherini, Marco Egidio Allegri. La bandiera della Reggenza del Carnaro avrebbe contenuto svariati simboli massonici e gnostici, come l’uroboro e le sette stelle dell’Orsa Maggiore.



e.

M.A.S.

 Il Motoscafo armato silurante più conosciuto con la sigla MAS era una piccola imbarcazione militare usata come mezzo d’assalto veloce dalla Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale.

Fondamentalmente si trattava di un motoscafo da 20 – 30 tonnellate di dislocamento (a seconda della classe), con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da due siluri e alcune bombe di profondità antisommergibile, oltre a una mitragliatrice o a un cannoncino.
I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l’uno, compatti e affidabili, ebbero un’ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra del 1915-18. Montavano motori entro-fuoribordo di concezione automobilistica, di grande potenza ed efficienza, ad iniezione diretta, ovviando in tal modo ai problemi di carburazione del motore dovuti alla scarsa raffinazione del benzene usato come carburante. I primi modelli furono prodotti dalle officine Fraschini e furono successivamente modificati e prodotti dal Cantiere Orlando, di Livorno, da dove uscirono i MAS impiegati da D’Annunzio.
Alcuni esemplari (ad esempio quello usato da D’Annunzio e da Luigi Rizzo nella beffa di Buccari, azione di disturbo alla flotta austro-ungarica ancorata nella baia di Buccari), montavano due motori ridondanti, uno a servizio dell’altro, nell’ottica d’incremento puro d’efficienza e affidabilità del mezzo navale. Lo stesso D’Annunzio coniò dalla sigla MAS la locuzione latina Memento audere semper.
I MAS potevano essere utilizzati sia come pattugliatori antisommergibile, che come mezzi da attacco insidioso alle navi della flotta austro-ungarica, a seconda degli equipaggiamenti.
Un grande successo, conseguito dai MAS durante la prima guerra mondiale, fu l’affondamento presso Premuda, sulla costa dalmata, della corazzata Szent István, all’alba del 10 giugno 1918, durante un agguato condotto da Rizzo, che colpì a sorpresa la nave.
Mentre l’imbarcazione italiana si allontanava nella confusione, la Szent István accusò un colpo mortale. Nonostante fosse molto moderna e potente, non aveva una sufficiente protezione subacquea: le valvole di bilanciamento erano poco praticabili e posizionate sotto il ponte caldaie, praticamente inaccessibili, e dopo poco tempo si rovesciò, affondando.
L’azione della flotta austro-ungarica, indirizzata alla distruzione della barriera che nel basso Adriatico, nel Canale d’Otranto, imbottigliava i suoi sommergibili con una rete metallica lunga 60 km e una serie di schermi di pattuglia, venne annullata e, dopo di allora, non vi furono più tentativi degni di nota.
Dopo la guerra, i MAS continuarono ad essere sviluppati e migliorati, grazie ai motori della Isotta Fraschini.
Dopo alcuni decenni in cui la marina italiana, potente ma anche legata a mari assai chiusi e indicati per mezzi navali costieri, aveva impiegato mezzi veloci siluranti, ma con problemi dovuti all’indisponibilità di potenti motori a benzina, il problema della propulsione venne risolto con nuovi prodotti della Isotta-Fraschini, che consentirono la realizzazione di unità veloci e più efficienti. Nacquero così i MAS 500: nel 1940 ne erano in servizio 48 e ne furono prodotte 75 unità tra il 1937 e il 1941. Efficienti in acque assai calme, la loro carena tonda, però, non li rendeva adatti a mari più agitati.
All’entrata in guerra dell’Italia, la Regia Marina disponeva di tre flottiglie MAS: la Iª (nel 1941 ribattezzata Xª), la IIª e la IIIª. Tra gli eventi degni di nota, vi furono: il siluramento dell’incrociatore leggero Capetown sudafricano (sia il siluratore che il silurato erano residuati della guerra precedente); il fallito attacco al porto di Malta nel gennaio 1941, con la perdita di due motosiluranti di supporto alla missione; l’impiego nel Mar Nero contro la flotta sovietica, con alcuni sommergibili russi affondati quando sorpresi in superficie vicino alle basi; la battaglia di mezzo agosto, in cui i MAS contribuirono ad infliggere perdite di mercantili agli inglesi.
Tuttavia in quel periodo i MAS, unità veloci a scafo poco marino con chiglia assai piatta, simili a grossi motoscafi, erano ormai in declino. Essendo adatti a mari chiusi e poco mossi, come l’Adriatico, nel Mediterraneo entravano in gioco pesantemente la loro modesta tenuta al mare (e quindi la velocità effettivamente sostenibile), la loro limitata autonomia, i siluri e l’insufficiente armamento antiaereo (solo una mitragliera).
Attualmente sono conservati in Italia quattro MAS:
– MAS 15, risalente al primo conflitto mondiale, conservato al Vittoriano (Roma), è sicuramente l’unità storicamente più importante in quanto fu il MAS che, al comando del Tenente di Vascello Luigi Rizzo, fu protagonista dell’impresa di Premuda;
– MAS 96, risalente al primo conflitto mondiale: fu il MAS su cui era imbarcato D’Annunzio durante la missione rinominata “beffa di Buccari”; è sistemato al Vittoriale degli italiani (Gardone Riviera);
– MAS 472, risalente al secondo conflitto mondiale e ora situato a Marina di Ravenna;
– MAS 473, gemello del precedente, conservato al Museo storico navale di Venezia, insieme con la motozattera MZ 737 e il sottomarino Dandolo.
– Due MAS (uno sigla 104) sono in stato di abbandono, nel porto di Schengjin in Albania.

sabato 1 maggio 2021

IL VITTORIALE | PRIORIA Prioria

 La casa, espropriata nel 1920 al critico d’arte tedesco Henry Thode assieme alla sua collezione, è denominata dal poeta “prioria” ovvero casa del priore, secondo una simbologia conventuale che si ritrova in molte parti del Vittoriale. L’antica facciata settecentesca della casa colonica viene trasformata e arricchita dal Maroni, tra 1923 e il 1927, con l’inserimento di antichi stemmi e lapidi che richiamano alla memoria la facciata del palazzo Pretorio di Arezzo. Al centro della facciata un araldico levriere illustra il motto dannunziano “Né più fermo né più fedele”. Il pronao d’ingresso, in stile Novecento, è decorato con due Vittorie attribuite a Jacopo Sansovino, mentre sul battente della porta, sopra una bronzea Vittoria crocifissa di Guido Marussig, si legge il motto Clausura, fin che s’apra – Silentium, fin che parli.



IL VITTORIALE | PRIORIA Ingresso

 Comincia qui un percorso iniziatico fra presenze simboliche che rammentano il valore sacrale della casa: il cancello dorato, i sette scalini, gli stalli di un coro seicentesco alle pareti, un pastorale e un’acquasantiera, la colonnina francescana in pietra di Assisi sormontata da un canestro in cemento con melograni, frutto che d’Annunzio ha eletto a emblema di sé, in quanto simbolo di abbondanza e fertilità. Due porte, sormontate da due lunette del pittore salodiano Angelo Landi e raffiguranti santa Chiara e san Francesco d’Assisi conducono a due differenti anticamere, una riservata alle visite ufficiali, ma anche agli ospiti sgraditi, a destra e una per gli amici del poeta, a sinistra.



IL VITTORIALE | PRIORIA Stanza del Mascheraio

 La stanza è così denominata dai versi sopra lo specchio del camino, composti in occasione della visita di Mussolini al Vittoriale nel maggio del 1925: “Al visitatore / Teco porti lo specchio di Narciso? / Questo è piombato vetro, o mascheraio. / Aggiusta le tue maschere al tuo viso / ma pensa che sei vetro contro acciaio“.

Questa anticamera fungeva da sala d’attesa per le visite ufficiali. Al suo interno sono collocati circa novecento volumi, fra cui anche spartiti musicali e una ricca collezione di dischi, una radio e un grammofono. Da segnalare il lampadario in vetro di Murano raffigurante quattro cornucopie, il cavallo in bronzo di Dario Elting presentato all’esposizione di arti decorative a Parigi nel 1925, le sedie con lo schienale a lira di Giancarlo Maroni e alcuni vasi faentini in stile déco di Pietro Melandri. Si dice che D’Annunzio abbia fatto attendere Mussolini due ore in quella stanza. Probabilmente Mussolini non attese che pochi minuti ma in quel momento storico anche solo il fatto che d’Annunzio non lo abbia accolto all’ingresso era già quasi un’onta.


IL VITTORIALE | PRIORIA Stanza della Musica

 Inizialmente intitolata a Gasparo da Salò, ritenuto l’inventore del moderno violino, è una grande sala destinata ai concerti da camera. Qui in particolari occasioni suonava il quartetto del Vittoriale. Per favorire l’acustica e il raccoglimento le pareti sono rivestite da preziosi damaschi neri e argento della ditta Ferrari di Milano raffiguranti bestie feroci e sostenuti da fermacorde a forma di lira: è un rimando al mito di Orfeo che con la musica riesce ad ammansire le fiere. Le vetrate gialle a imitazione dell’alabastro, di Pietro Chiesa, ricordano quelle già descritte nelle prime pagine del romanzo Il piacere. Nella sala sono conservati due pianoforti e altri strumenti musicali: un clarino, uno zufolo e un arciliuto. Sulle pareti si trovano alcuni dipinti della collezione Thode fra i quali un ritratto di Cosima Liszt Wagner, opera di Franz von Lenbach, e le maschere funerarie di Ludwig van Beethoven e di Franz Liszt. L’arredamento accosta tra loro oggetti déco e statuette orientali, colonne romane sormontate da zucche policrome luminose e cesti di frutti in vetro di Murano di Napoleone Martinuzzi, calchi in gesso di sculture greche, pelli di serpenti come quella di pitone fissata al soffitto. Il gusto eclettico di d’Annunzio che mescola oggetti di diversa provenienza ed epoca trova qui la sua prima e immediata manifestazione.



IL VITTORIALE | PRIORIA Sala del Mappamondo

 È la biblioteca principale della casa. Qui sono collocati i circa seimila libri d’arte già appartenuti al critico d’arte tedesco Henri Thode sul totale dei 33.000 complessivi raccolti da d’Annunzio nel corso della sua esistenza. Il nome della stanza deriva dalla grande sfera geografica settecentesca che troneggia sopra un tavolo. Nella nicchia al centro della sala la xilografica di Adolfo De Carolis raffigurante il Dantes Adriaticus; poco oltre la maschera funeraria di Napoleone Bonaparte e alcuni oggetti realmente appartenuti al condottiero francese durante il periodo di esilio trascorso a Sant’Elena. Sul lato opposto gessi che riproducono il busto di Michelangelo e, nella nicchia sopra il divanetto, il celebre tondo Pitti di Michelangelo Buonarroti il cui originale è conservato al Museo nazionale del Bargello di Firenze. Tra le due finestre un organo americano al quale solitamente sedeva Luisa Baccara, giovane pianista veneziana ma soprattutto compagna ufficiale di d’Annunzio a Fiume e per tutto il periodo del Vittoriale.